Non esistono #paroleorrende, per Vincenzo Ostuni

Apprezzo molto che Vincenzo Ostuni abbia riportato in auge, con le sue #paroleorrende, la questione della lingua, sono felice che, in questi giorni, si tratti un argomento simile alla radio e nelle pagine di Repubblica. Eppure, l'impressione che ho avuto, è che l'operazione in sé pecchi di un certo sensazionalismo e, soprattutto, non entri nelle ragioni di certi fenomeni linguistici. Tutt'oggi non internet ma la televisione è omologatrice, internet, per lo meno, favorisce la conversazione e l'italiano delle chat, dei tweet, dei post di Facebook, salvo rari casi, è perfettamente sovrapponibile a quello dei registri del parlato - l'italiano parlato e l'italiano scritto sono due cose differenti, non dimentichiamolo e il problema è quando si confonde dove finisca l'uno e inizi l'altro - oltretutto, con i sistemi di correzione automatica, oggi, più che in passato, è difficile che certi termini siano scritti in modo scorretto. Internet è quel posto dove ognuno di noi ha la possibilità di esprimersi, di dare il suo contributo all'insieme dei corpora. Con internet è più facile, dal punto di vista socio-linguistico, incontrarsi - fare gruppo. Certo, per questo stesso motivo iterare delle cattive abitudini non è mai stato così semplice, per quanto dal punto di vista linguistico, buone o cattive abitudini non esistano. Il problema sono i ritmi sostenuti coi quali esprimiamo il nostro pensiero, riduciamo le nostre opinioni e speculazioni. A chiacchiericcio, vittime, tutti, nessuno escluso, delle dinamiche della Società dello spettacolo.