Istantanea di una città in estate

Il sole di burro si sta spalmando attorno a me,
la luce sta aumentando la sua intensità
come se da qualche parte qualcuno stia
girando un dimmer. Raggiungere il punto
più alto del cavalcavia richiede un minuto
pedalando forte. La maglietta di cotone,
bianco, fa degli otto di vapore. Mi verso sulle spalle
un po' d'acqua della borraccia di plastica.
La foschia fa un nodo tra le piante pioniere
o sono loro a tenerla lì, non capisco. Nella buca
che si vede da quassù,
grande come un campo da calcio, c’è una betoniera
rovesciata, a terra, sembra un insetto nell’ambra,
cumuli di mattoni rotti, un container vuoto
di una compagnia cinese. Ogni superficie
adesso è verde, anche la foschia è
dello stesso colore. C’è dell’acqua, verde anche quella.
L’acqua dorme nel punto più profondo,
in mezzo a tutto quanto. Il tronco dell'albero,
tagliato in due, era ancora visibile
la settimana scorsa, ora non lo è più. Sembrava
un secchio di zinco lasciato alla rovescia
da un operaio. Un tronco separato,
in modo irrimediabile, dall'altra sua metà,
dalle fronde. Le fronde sono morte, sparite.
La benna ha lasciato intatto solo il tronco,
non ha rimescolato la morte con la vita.
Adesso, con una settimana di piogge notturne
è diventato ramaglie che salgono su come antenne.
Un groppo di linfa lo nasconde – forse
non esiste più, è diventato foglie, forse,
anche scostandole, non si troverebbe sotto niente.
Non basterebbe un pomeriggio con un amico,
le vesciche sulle mani e mettere fumo,
come dei diavoli di ferro, per scoprire
che verità ci sia sotto. Cesoie e decespugliatore
sarebbero inutili. Non è messa lì, quella vita,
come un fiocco di muschio
nella ghiaia di un plastico.
Qualcosa, in sostanza, che si tiri su
con un paio di pinze o per il quale
sia sufficiente lavorare al sole
con della birra ghiacciata. Le foglie sono vicine
le une alle altre, impenetrabili, scostandole,
scommetto, altre verrebbero dietro per sostituirle.
Difendono ciò da cui traggono la loro forza,
una forza che arriva e avvolge tutto, con confini
indistinguibili. Una forza nella terra, nelle radici
che scendono dove tutto si assomiglia, dove
le distinzioni si perdono e non hanno più importanza.